I 25 ettari di proprietà e i 15 in affitto, con viti di età variabile dai tre a trent’anni, crescono ad Arcevia, Montecarotto, Serra de’ Conti e Barbara, intorno ai 200 metri di quota. I terreni argillosi, con zone più calcaree e ghiaiose, posti su più versanti, danno struttura alle uve, ma altrettanta freschezza e finezza aromatica. Nelle vigne la maggior parte dei lavori vengono svolti a mano, cercando un equilibrio tra potature corte, interventi mirati sul verde e diradamenti solo quando strettamente necessari.
La storia di questi luoghi affonda le radici nel VI secolo, quando Senigallia era una città bizantina e un avamposto longobardo (e quindi “barbaro”) si insediò in un borgo vicino.
Da allora, quel borgo prese il nome di Barbara ed è qui che tutt'oggi sorge la cantina, all’interno di un antico monastero.
La passione, unita al rispetto della terra e alla voglia di innovare sono le basi sulle quali Stefano Antonucci ha deciso di improntare la sua azienda, tenendo conto della tradizione e della storia del terreno, ma applicando allo stesso tempo nuovi concetti di produzione, attraverso la pratica del diradamento e una cura maniacale della sanità delle uve. Una responsabilità e una sfida che lo spinge a crescere e a migliorarsi intraprendendo sempre nuovi progetti.
Negli ultimi anni è avvenuto il rilancio dei grandi vitigni autoctoni della zona, montepulciano e verdicchio in primis per creare vini in grado di coniugare un equilibrio immediatamente comprensibile ad una certa originale personalità.
Una realtà, quella di Santa Barbara, che sicuramente ha contribuito a ridare lustro ai vitigni autoctoni marchigiani.
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