Spesso, quando si parla di queste grappe, si è soliti pensare solo a Romano. Si dovrebbero invece definire "Grappe di Lidia e Romano Levi", sia perché la distilleria era eredità indivisa dei fratelli, sia perché Lidia, al primo piano della casa in cui si era isolata conducendo una vita quasi monacale, selezionava e realizzava le rarissime bottiglie di grappa alle erbe. Lidia era la sorella maggiore, una donna eccezionale, protettiva, severa e guardinga; di lei così parla Romano in una intervista: «… per me ha giovato molto (la sua presenza) perché certamente non sarei qui a questo punto… sì è severa anche con me e quindi mi è stata molto utile nel mio lavoro. Lavora anche lei per fare le erbe che sono opere d’arte nelle bottiglie. Per me è stata molto utile».
Ma è a Romano che si deve la grande fama conquistata dalle sue bottiglie di grappa per le etichette scritte a mano e poi arricchite con frasi poetiche o disegni ingenui, quei piccoli capolavori che oggi definiamo come “ARTE SELVATICA”.
«… Le prime etichette a mano sono nate nel 1962/63 quando il nostro amico Giorgio Adriano di Neive, che aveva una casa del vino a Sanremo e comperava la grappa da noi, ha detto: “per me le etichette le strappate dalla carta, poi ci scrivete a mano così e così… . … non scritte da me ma da una persona anziana, la signora Sabina ed era dedicata ad una botte che abbiamo chiamato “Grappa nera dimenticata”, era scura, scura, tanti anni era rimasta nella botte. Poi questa signora, le prime 50-100 etichette le ha fatte, poi si è stancata ed allora ho dovuto scrivere io».
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